Tora e Piccilli – E. Prata in Civilta’ Aurunca 2008
Breve profilo storico
Il territorio in cui sorgono i due nuclei di Tora e Piccilli si sviluppa lungo le colline relative al versante nord del massiccio vulcanico di Roccamonfina.
In quest’area particolarmente fertile si insediarono, a partire dal VII-VI secolo a.C., alcuni gruppi di popolazioni pre-romane riferibili con ogni probabilità ai Sanniti.
Lo attestano soprattutto alcune evidenze archeologiche connesse con un santuario individuabile in località Cappelluccia. Il sito costituisce di fatto una delle testimonianze più significative di presenza organizzata nell’area a settentrione del Volturno. Le strutture murarie relative alle unità abitative sono state solo parzialmente esplorate, tuttavia è ipotizzabile lo sviluppo di un modello insediativo analogo a quello che si riscontrata per altri centri della Campania settentrionale. Nei pressi dell’attuale strada provinciale, in particolare, deve essersi definito un centro stabile con funzioni strategiche, vista la favorevole posizione di cerniera tra pianura e montagna che rendeva l’area comodamente accessibile sia agli agricoltori della valle sia ai pastori interessati allo sfruttamento dei luoghi di altura. Sembra confermarlo, del resto, la notevole quantità di reperti archeologici rinvenuti nelle stipiti dell’edificio sacro di Cappelluccia e nelle sepolture della vicina necropoli di Masseria Perella. Si tratta, in effetti, di frammenti ceramici, oggetti in bronzo e materiale votivo databile tra la fine del V secolo a.C. ed il III secolo a.C., tra cui numerosi ex-voto raffiguranti guerrieri o personaggi femminili simili ai modelli attestati nelle città del medio versante adriatico.
I contesti circostanti la strada che collega la cittadina con Presenzano, indagati a partire dagli inizi del 1970 da W. Johannowsky, hanno restituito uno strato di bruciato molto esteso che ha sigillato perfettamente quello sottostante con materiale non posteriore al III secolo a.C.. Il dato è indubbiamente significativo e fa pensare ad un’interruzione dei contatti verso la pianura nel periodo della guerra annibalica, seguita da una possibile concentrazione del nucleo abitativo principale verso le zone più alte.
Successivamente, con la sconfitta dei Sanniti e la fondazione di una colonia di diritto latino (seconda metà del III secolo a.C.), devono essersi stanziati lungo la collina gruppi di stirpe romana piuttosto consistenti. Lo lasciano supporre, in particolare, i resti rinvenuti nelle località Galluccio e Castellone ed il toponimo con cui risulta indicato l’abitato -torus (rialzo di terra)-, generalmente correlato a rilievi occupati da cinte fortificate. In questa fase storica, d’altra parte, è possibile registrare un incremento delle attività produttive nelle aree limitrofe, con lo sfruttamento nella vicina Rufrae (Presenzano) di cave di calcare e pietre vulcaniche, così come attestato da Catone (cfr. de Agri Cultura, XII, 4), e la concentrazione di un’intensa attività edilizia, con la costruzione di importanti edifici pubblici.
Sotto la dominazione longobarda (VI secolo) il territorio di Tora e Piccilli appartenne alla Contea e alla Diocesi di Teano, per essere, in seguito, affidato in feudo ad un Barone Longobardo. Alcune terre vennero successivamente destinate al Monastero di Santa Maria in Cingla di Ailano, mentre le pertinenze di San Felice di Tora furono reclamate nel 1019 dall’ Abbazia di Montecassino.
Nel XII secolo la cittadina fu possesso del principato di Capua e dominio di Federico II.
Nel 1453, durante la signoria dei Galluccio e dei Marzano, Alfonso d’ Aragona ridefinì i confini dei due feudi per risolvere una controversia fra questi signori ed il feudatario di Presenzano.
Nel 1676 gli abitanti di Piccilli consacrarono la Chiesa di S. Giovanni Apostolo in segno di provocazione nei confronti di quelli di Tora.
Agli inizi del XVII secolo l’Università di Tora era divisa in quattro villaggi: Piccilli costituiva il terziere e Tuoro, Foresta e Margherita erano i casali.
Nella seconda metà 1700 il feudo passò ai Filangieri del ramo di Arianello, ai quali rimase fino all’ eversione della feudalità.
Nel 1807 un ordine sovrano riunì i due nuclei in un’unica amministrazione con il nome di Tora e Piccilli.
Con l’Unità d’Italia fu realizzata la prima stazione ferroviaria che, circa vent’anni dopo, prese il nome attuale di ‘Tora-Presenzano’.
Tra il 1861 e il 1865 azioni di rivolta e di brigantaggio ad opera di elementi non indigeni, provenienti dai territori soggetti allo Stato papale, e quindi sorretti dalle stesse autorità pontificie e dai Comitati borbonici presenti a Roma, si rifugiarono nei territori contigui al Mandamento di Roccamonfina. Tra le bande che occuparono tutta la parte più settentrionale del centro, si distinguono l’organizzazione di Angelo Maccarone, composta da oltre 30 individui e, a partire dal giugno del 1862, quella dei fratelli Francesco ed Evangelista Guerra, a cui si affiancarono la maggior parte dei gruppi attivi tra il Monte Massico ed il Monte S. Croce.
Tra il 1943 ed il 1944 si registra la deportazione di cinquanta cittadini di Tora e Piccilli in Germania e la destinazione di numerosi altri a completare i lavori di fortificazione della linea Gustav. Un gruppo di giovani ebrei riuscì a salvarsi durante la grande guerra proprio grazie agli abitanti del paese che, nonostante le feroci razzie delle truppe tedesche, mantennero il silenzio sulla loro origine etnica.
Nel 1960 anche questo comune fu interessato dal violento terremoto che colpì l’alto casertano, tuttavia la lenta ricostruzione attuata degli anni successivi ha consentito la ricomposizione di gran parte delle aree abitative danneggiate.
Nel 2004 è conferita alla popolazione una medaglia d’argento al merito civile, per aver offerto durante il secondo conflitto mondiale “ammirevole esempio di coraggio e amor patrio”.
Impronte di archeologia: le ‘Ciampate del diavolo’
La vallata del bosco degli Zingari custodisce le testimonianze più antiche della storia dell’uomo, le ciampate re gliu riàuru. Si tratta di 56 impronte di individui, così denominate dalla tradizione popolare che le credeva lasciate da un’entità soprannaturale. Si trovano nella frazione Foresta, in località Perate, ai bordi di un costone di trachite di uno dei 21 coni vulcanici del Roccamonfina e sono databili in un periodo compreso fra i 385.000 e i 325.000 anni fa. I primi a definirne le caratteristiche strutturali, dopo gli utili stimoli sulla questione forniti a partire dagli anni Cinquanta da Alfredo Iulianis, sono stati gli storici Adolfo Panarello e Marco De Angelici, in uno studio pubblicato insieme ad un gruppo di ricercatori (Paolo Mietto, Marco Avanzino, Giuseppe Rolandi) nella celebre rivista ‘Nature’, n. 422 (2003).
L’utilizzo del sistema di datazioni radiometriche con il meccanismo del Potassio-Argon, ha consentito agli studiosi di fissare con una certa precisione l’epoca di formazione delle impronte e di stabilirne la causa. Le orme sarebbero state lasciate, in effetti, da tre individui, che scesero lungo il pendio qualche settimana dopo lo scoppio di un’eruzione, quando il materiale depositato doveva essere ancora plastico; sarebbero poi state coperte dalla cenere vulcanica di una successiva fase esplosiva, che le avrebbe così conservate. Solo in seguito al susseguirsi di vari processi erosivi, dunque, esse sarebbero state, infine, riportate alla luce.
Sono attribuibili all’Homo Heidelbergensis, progenitore dell’uomo di Neanderthal, comparso tra gli 800 ed i 100 mila anni fa e appartenente al genere ominide. Quelle più evidenti in situ sono state contestualizzate in tre piste, orientate tutte in direzione Sud-Est (pista A: lunga 13,40 m. e formata da 27 impronte; pista B: lunga 8,69 m. e formata da 19 impronte; pista C: lunga 9,98 m. e costituita da 10 impronte rilevabili in affioramento). Sono dislocate lungo un ripido pendio, appaiono asimmetriche e plantigrade e, in alcune, sono ben visibili le depressioni del tallone e dell’avanpiede, oltre all’arco plantare.
I piedi misuravano circa 20 cm. di lunghezza e 10 di larghezza, con passo medio di 60 cm. e stride (doppio passo) di circa 120 cm., di individui alti non più di 1 metro e mezzo.
Il patrimonio storico-artistico
La torre normanna
Del castello fortificato dai Normanni con mura di cinta e imponenti porte d’accesso, resta la poderosa torre quadrangolare. La costruzione, dichiarata nel 1939 monumento nazionale, è realizzata su base quadrata ed è databile al XII secolo. Si tratta di una struttura a più piani, la cui funzione strategica per scopi militari ed economici si è perpetuata immutata nel tempo, data la sua posizione sulla sommità della collina tra l’antica via Latina e la vallata del Volturno, attraverso cui si sviluppano da secoli le più agevoli vie di comunicazione per il Lazio, l’Abruzzo-Molise e la Campania. Nonostante i numerosi interventi di restauro e le modifiche operate sull’impianto originario, conserva intatta, nelle sue forme possenti, la storia di una comunità e degli uomini illustri che vi soggiornarono.
Chiesa di San Giovanni Apostolo
L’impianto originario risale alla seconda metà del 1700. La struttura interna è a navata unica con volta a botte lunettata e cappelle che custodiscono alcune tele del XVIII secolo, tra cui ‘l’Ultima Cena’ e ‘la Madonna con i santi Domenico e Caterina’. La facciata principale conserva un artistico portale mistilineo e si sviluppa attraverso due ordini, rispettivamente caratterizzati da capitelli ionici raccordati da festoni, un finestrone rettangolare ed un timpano fornito di pinnacoli.
Chiesa di Sant’ Andrea Apostolo
La costruzione originaria è di epoca medioevale, tuttavia alcuni rimaneggiamenti ne hanno modificato l’assetto complessivo. Di notevole interesse è il portale in tufo locale, sormontato da lunetta, in cui è affrescata l’immagine di Sant’Andrea.
Convento e la Chiesa dei Cappuccini,
Il complesso è stato realizzato a partire dal 1707 per volontà del duca Domenico Galluccio. Dal 1806 al 1815 il convento fu sede del Municipio. Nel 1860 esso fu adibito ad ospedale militare dai garibaldini.
Parrocchiale di San Simeone,
L’impianto originale della struttura doveva essere già esistente nel 1575, come documentato dai registri conservati nell’archivio del luogo di culto.
Fu restaurata nel XVIII secolo. La facciata principale è scandita da paraste e conserva un interessante portale con fascia a piccole bugne a punta di diamante, un finestrone ed un timpano triangolare. L’interno si sviluppa con cappelle laterali, ampio transetto, presbiterio ed un coro in legno di attribuzione incerta. L’altare maggiore è databile al 1752 ed è sormontato da una tela raffigurante la Presentazione di Gesù al Tempio con San Simeone.
L’ambiente
Il territorio di Tora e Piccili è situato lungo le pendici nord-orientali del complesso vulcanico di Roccamonfina, il più antico della Campania, di oltre un milione di anni. Inserita nel Parco Regionale “Roccamonfina-Foce del Garigliano” e tra i Comuni della Comunità Montana “Monte S. Croce”, l’area è di notevole interesse naturalistico e geologico, con una superficie protetta di circa 11.000 ettari ricca di boschi cedui, castagni, ulivi, querce ed alcune interessanti specie erbacee. Vecchi sentieri punteggiati di primule, viole, gigli, orchidee selvatiche, eriche e ginestre, forniscono una variopinta cornice alle escursioni che è possibile programmare in ogni periodo dell’anno. Numerose sono le sorgenti d’acqua, le grotte scavate nella roccia tufacea e gli antichi ripari dei contadini ancora visibili tra la fitta vegetazione.
Produzioni tipiche
I centri di Tora e Piccilli erano rinomati in tutto il comprensorio per l’arte di intrecciare canestri. Testimonianza storica del radicamento di questo antico mestiere risulta fornita, in particolare, da un documento databile al 1630. Il motivo principale della diffusione di tale forma di artigianato risulta senz’altro la vicinanza con la valle del Volturno.
Alla raccolta dei vimini partecipava in passato gran parte della popolazione che, a partire dal 15 luglio, si disponeva lungo le rive del fiume per circa quaranta giorni.
Successivamente i canestri venivano portati nei più importanti mercati della Campania settentrionale. A partire dalla Seconda Guerra Mondiale l’attività dei “Fiumaioli” è andata rapidamente limitandosi fino a scomparire quasi del tutto. L’arte dell’intreccio ed i suoi dettagli migliori sono attualmente custoditi dai pochi abitanti del posto che hanno avuto il privilegio di apprenderli dalle generazioni precedenti.
Come arrivare
Il comune si trova a 13 km dall’autostrada A1 Roma-Napoli, uscita al casello di Caianello, oppure è raggiungibile mediante la nazionale Casilina che dista 4 km dal bivio di Tora e Piccilli. La stazione FS più vicina è quella di Tora-Presenzano sulla linea Cassino-Napoli. Vi sono collegamenti giornalieri per Napoli, per Caserta e per Cassino. Il centro è raggiungibile, inoltre, mediante autolinee pubbliche sulla linea Tora-Vairano-Conca Campania, con collegamenti per Vairano e per Conca Campania.