Scheda S. Pietro Infine. E. Prata, in Civilta’ Aurunca 81/82

Posted by Work in Progress Luglio 17, 2011 Comments are off 1133 views

Breve profilo storico

San Pietro Infine sorge in direzione della valle del Liri, alle pendici del Monte Sambucaro, nella piana che si estende a nord-ovest del vulcano di Roccamonfina verso il Garigliano. Il comune è ai confini con il Lazio ed il Molise. Senza dubbio connesso con il Santo Pietro, la seconda parte del toponimo – ‘in fine’ – si riferisce probabilmente alla sua posizione lungo il territorio di confine appartenente alla ‘Terra di San Benedetto’. La cittadina risulta arroccata su uno sperone di roccia, sin dall’età preistorica quasi certamente occupato da un lago, come ha attestato il recente rinvenimento di resti di conchiglie ed altri fossili inglobati nelle pietre calcaree utilizzate tra i materiali da costruzione. La presenza di cinte fortificate nei pressi di Sant’Eustachio e del Colle Marena-Falascosa, dimostra che, tra il VI ed il III secolo a.C., il centro fu occupato da alcune popolazioni italiche. Successivamente, in seguito alla III guerra sannitica, la piana fu conquistata dai Romani, che vi fondarono una colonia di diritto latino. L’ impianto urbanistico di questa fase fu verosimilmente distrutto durante il periodo medievale, quando la pianura in cui sorgeva l’agglomerato attorno all’Ad Flexum divenne oggetto delle violente incursioni barbariche. In questa fase, la popolazione si spostò gradualmente a monte. In effetti, le prime notizie sull’esistenza di un insediamento arroccato nella zona sono ricavabili dagli archivi di Montecassino e risalgono al 1047, al momento in cui, cioè, Pandolfo IV, nella sua azione di riconquista del principato di Capua, chiese aiuto ai Normanni mandati via dall’abate Richerio, dichiarando guerra a quest’ultimo. In tale circostanza viene appunto menzionato l’Oppidum (ovvero l’accampamento militare) Sancti Petri in Flea. L’area venne incendiata e devastata prima nel 1139, durante la guerra tra Innocenzo II e Ruggero II, poi nel 1199, per conto di Marcualdo d’Anweiler che agiva alle dipendenza di Federico II di Svevia, e, ancora, nel 1250, nel corso degli scontri tra Svevi e Angioini per il possesso del regno.

Fra le calamità naturali che hanno interessato il centro, oltre a diverse alluvioni, è da annoverare l’imponente sisma del 1349.

La storia degli inizi del 1800 si apre a San Pietro con la battaglia tra le truppe di Murat e gli Austriaci, in seguito alla quale avvenne il ritorno a Napoli di Ferdinando IV.

Dopo l’unificazione d’Italia, la città fu interessata da azioni di rivolta e di brigantaggio ad opera di bande armate riunite intorno alla figura del capobrigante Domenico Fuoco. Le fonti d’archivio riferiscono, in particolare, di una devastazione avvenuta durante la sera del 19 agosto 1861. A capo della scorreria vi era Francesco Basile, nativo di Collo (Colli?) in Molise, detto il Bravaccio del Beneventano. Suo luogotenente era un certo Caretti, anch’egli ex Ufficiale dell’ormai smembrato esercito borbonico. Nei documenti dell’epoca si legge che il centro fu saccheggiato ed incendiato a partire dalla casa del sindaco Ercole Raimondi, già maggiore garibaldino, e che soltanto dopo l’arrivo delle truppe dell’XI fanteria i responsabili furono fermati e fucilati in San Germano.

Il periodo più tragico e difficile, resta, tuttavia, quello del dicembre 1943, quando, durante la Seconda Guerra Mondiale, gli abitanti di San Pietro Infine furono coinvolti in un’operazione bellica cruenta e sanguinosa.

L’evento è documentato dal regista John Huston, incaricato dal governo statunitense.

Per far fronte al pericolo, la popolazione locale decise di rifugiarsi in piccoli gruppi nei pressi di una serie di grotte disposte intorno al paese, isolate, a breve distanza l’una dall’altra ed ancora attualmente visibili, con i canali di comunicazione ed i muri a secco disposti in posizione sfalsata che furono realizzati dai superstiti. Le fonti dell’epoca raccontano che, nella notte tra il 7 e l’8 dicembre, l’artiglieria americana bombardò con insuccesso le postazioni tedesche. Il giorno dopo ci fu un altro attacco e così, di seguito, nelle notti successive, fino al 17 dicembre, quando le truppe alleate intervennero. Nonostante l’incursione americana, le vittime furono comunque circa 130. Il dopoguerra portò stenti e miseria. La popolazione dovette affrontare durissime difficoltà per alcuni anni. Tuttavia, in poco tempo è iniziata la ricostruzione del nuovo centro abitato,

riedificato più a valle, alle falde del monte Sambucaro, e riportato al suo originario valore storico.

Il patrimonio storico-culturale

Le Mura in opera Poligonale. Sulla propaggine di Sant’ Eustachio sorgono due muraglie che convergono verso l’alto, racchiudendo ad est e ad ovest un’area protetta a valle da un burrone. Sono raccordate, sulla sommità dello sperone, da mura circolari, probabilmente riferibili ad un’antica area sacra, come lascia supporre una grossa sporgenza di roccia simile ad un’ara, forse in epoca pre-romana utilizzata con funzioni rituali. In età Medievale la struttura fu impiegata per la costruzione di una chiesa per celebrare il culto di Sant’Eustachio, una graziosa costruzione della quale sono ancora oggi visibili alcune interessanti strutture.

Le Torri. Nella località più alta del vecchio borgo, a Capo La Terra, sono riconoscibili i resti delle mura di cinta che racchiudevano l’area fortificata dell’impianto urbano di età medievale. La fortificazione è intercalate da torri quadrangolari, di cui si conservano alcuni tratti con parte delle feritoie. In origine, le torri dovevano essere cinque, tuttavia una stampa del XVI secolo ne riporta quattro, mentre nel disegno acquerellato del Guglielmelli, databile alla fine del XVIII secolo, se ne vedono solo tre, ancora attualmente individuabili, insieme a quelle inglobate nei campanili delle chiese di S. Michele Arcangelo e di S. Antonio da Padova.

S. Maria del Piano. In località S. Maria del Piano, in corrispondenza dell’antico Ad Flexum, si trova la zona d’interesse archeologico più significativa di San Pietro Infine. Qui sono conservati, infatti, alcuni i resti dell’abside dell’omonima chiesa. L’edificio sacro fu costruito, probabilmente, sull’impianto di un’antica taverna romana di età imperiale, di cui sono avisibili le tracce dei muri in opera reticolata.

Taverna di San Cataldo. Nei pressi della cappella di San Cataldo, oggi non più individuabile, sorgeva una Taverna per il cambio dei cavalli. Una lapide collocata sul portale dell’edificio, voluta da Giuseppe Spallieri, fa riferimento al soggiorno di Francesco I nel 1824. Il dedicatario, in effetti, ricorda come la sua casa, già scelta da Carlo III al suo ritorno dalla vittoria di Velletri nel 1734, sia stata eletta dal re come degna per trattenersi temporaneamente durante il periodo in cui si dedicava alla caccia presso Venafro.

Fonte S.S. dell’Acqua. Custodita da secolari platani, alla fine dell’omonima via, sorge una struttura composta da due elementi architettonici contigui: il primo è a pianta quadrangolare a cupoletta ribassata poggiante su archi di scarico e chiuso su due lati; il secondo è costituito da un grande lavatoio scoperto. Caratteristico dell’ambiente coperto è un abbeveratoio formato da una vasca ricavata da un unico blocco di pietra viva, in cui si riversa l’acqua erogata da quattro ugelli in ottone. Al di sopra di questi, sulla parete frontale, si trova lo stemma di San Pietro Infine ed una piccola nicchia in cui originariamente era possibile ammirare l’icona della Madonna dell’Acqua. Più in basso si colloca un’ iscrizione della fine del XIX secolo (“AVE MARIA / FONS AQUAE VITAE ETERNAE / 1886” -Salve o Maria, Fonte dell’acqua della vita eterna, 1886). In epoca romana, l’acqua di questa fonte doveva certo essere stata incanalata in un acquedotto, in funzione di alcune ville rustiche situate in località Torri.

Chiesa di Maria S.S. dell’Acqua. La tradizione vuole che il 13 settembre del 1100, nel luogo dove sorge la chiesa di Maria S.S. dell’Acqua, la Madonna apparve ad una pastorella deforme di nome Remigarda. Le affidò l’incarico di riferire al popolo il miracolo che l’avrebbe modificata in una graziosa giovane. Le autorità locali, vista la metamorfosi della ragazza, in segno di devozione decisero di edificare in quel luogo una cappella. Considerando il rinvenimento di un cippo funerario all’interno del suo muro di cinta e la vicinanza all’antica Via Latina, è ipotizzabile in effetti, che la chiesetta sorgesse su una struttura funeraria di epoca romana. L’edificio, che nel suo impianto originario, era a navata unica, fu successivamente ristrutturato, con l’aggiunta di due campanili ed una canonica. All’interno dell’edificio era conservata una statua della Vergine del XIII secolo, trafugata negli anni Settanta del Novecento. Nel 1994, prima dell’inizio degli ultimi lavori di ristrutturazione, fu rubata anche una pregiata acquasantiera di marmo del 1618, proveniente dalla vecchia chiesa di San Nicola. I recenti lavori di restauro hanno consentito di riportare alla luce un affresco di notevole valore artistico databile al XV secolo, collocato nell’abside e raffigurante la Madonna con in braccio Gesù Bambino e, a fianco, una schiera di Santi ed Angeli.

Il Borgo antico. Il centro antico della cittadina, designato nel 1998 dal Comune “Monumento Mondiale per la pace” come testimonianza del secondo evento bellico mondiale, si sviluppa alle pendici sud del Monte Sambucaro. Circondato da fitti ed ampi uliveti, esso conserva ancora il tipico aspetto delle origini. Appare circondato da due valloni laterali e da uno sperone frontale, nella parte a monte, verso nord. Qui, in località Capo la Terra, sono ancora visibili alcune delle torri quadrangolari munite di feritoie relative alla cinta muraria dell’impianto urbano medievale. Al suo interno si conservano i resti di interessanti edifici, quali la Chiesa di S. Michele Arcangelo, quella di San Sebastiano e l’abside della Chiesa di San Giovanni. Sono, inoltre, ancora riconoscibili l’Arco dei Baroni, le strutture relative a diversi frantoi contenenti ancora i macchinari per la produzione di olio e le Grotte della Valle.

Chiesa di San Sebastiano. Fuori le mura di cinta del centro antico, a poca distanza dalla porta del borgo medievale, è situata la chiesa di San Sebastiano, realizzata nell’anno 1501 a seguito di un’ epidemia. Per la sua particolare posizione, la Porta vicina cambiò l’originaria denominazione di ‘Tiridana’ in ‘Porta San Sebastiano’, mentre a ‘San Sebastiano’ si aggiunse l’accezione ‘Fuori la Porta’. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i resti di questo passaggio che permetteva l’accesso al paese da Piazza Municipio sono andati completamente distrutti. Nonostante lo stato d’abbandono dell’edificio sacro, è possibile riconosce la forma rettangolare del suo impianto originario, la facciata segnata da un arco a tutto sesto murato, la copertura a cupola della parte anteriore e quella a volta della posteriore. Di grande valore artistico sono anche gli stipiti del portale, ornati di bassorilievi con dettagliati motivi zoomorfi.

Chiesa di S. Michele. La chiesa era il luogo di culto principale del vecchio centro, probabilmente da identificarsi con l’antica basilica di S. Angelo, del XII secolo. L’impianto è a croce latina, con tre navate e due ingressi, uno per gli uomini l’altro per le donne. Quest’ultimo è collocato in corrispondenza del transetto ed è incorniciato da un portale del XVI secolo in pietra viva. Gli stipiti laterali della costruzione mostrano alla base due rose scolpite, mentre l’architrave, posto al di sotto del frontone triangolare, reca un’ epigrafe in latino dedicata a San Michele Arcangelo (“S .MICHAEL ARCANGELE ESTO MEMOR NOSTRI / HIC ET UBIQUE SEMPER PRECARE PRO FILIUM DEI/ NE PEREAMUS IN TREMENDO JUDICIO. ANNO D.NI MDLXXX” – S. Michele Arcangelo ricordati sempre di noi, qui e dovunque, e intercedi presso il Figlio di Dio, affinché non ci faccia perdere nel tremendo Giudizio- Anno del Signore 1580). L’edificio è stato più volte ristrutturato ed ampliato a partire dal secondo dopoguerra..

Arco dei Baroni. Posto in prossimità di Via Colomba, l’arco dei Baroni è un’interessante struttura architettonica in stile gotico, costituita da volte a sesto acuto realizzate in epoche diverse ed in cui sono ancora visibili tracce di un affresco a tema religioso. Si tratta, in effetti, dell’antico acceso alla fortezza medievale.

Parco della memoria. Dopo l’11 novembre 2003, con il conferimento a San Pietro Infine della ‘Medaglia d’Oro al merito civile’, Amministrazioni locali competenti hanno avviato la riqualificazione di alcuni significativi ruderi di epoca medievale per la creazione di un ‘Parco della Memori’, con lo scopo di celebrare le vittime degli eventi bellici della seconda guerra mondiale, una sorta di Museo Nazionale che valorizzi l’antico borgo della città e la sua intensa storia.

L’ambiente

San Pietro Infine fa parte della Comunità Montana Monte Santa Croce e del Parco Roccamonfina – Foce Garigliano. Il territorio si sviluppa alle falde del Monte Sambucaro, appartenente al massiccio delle Mainarde.

Questo Monte, detto anche Sammucro, ha una quota massima di 1205 metri e rappresenta il confine tra la Molise, il Lazio e la Campania. In linea d’aria, esso dista meno di venticinque chilometri dal confine, che corrisponde alla vetta del Monte Meta, con l’Abruzzo. Si tratta di un’area fertile e dal paesaggio estremamente vario, in cui si alternano monti, colline e pianure, per una superficie totale di circa 14,1 Km².

Produzioni tipiche

Olio ed olive, vini, formaggi, “crost” (biscotti fritti in olio bollente e cosparsi di zucchero), biscotti con il finocchietto e pomodori secchi.

L’olivo è la specie più rappresentativa del territorio agricolo della cittadina: l’olivicoltura, infatti, è praticata in circa 230 poderi, di estensione diversa, la maggior parte dei quali a conduzione familiare. Quanto all’ artigianato locale, esso ruota intorno alla singolare lavorazione della “stramma” (ampelodesma), un tipo di erba perenne molto resistente, diffusissima anche nel resto della Campania settentrionale e a S. Pietro Infine destinata tradizionalmente a vari usi.

Le principali manifestazioni

Nel mese di Agosto ha luogo la Settimana Sampietrese, organizzata dalla Pro-Loco, durante la quale si svolgono attività culturali, tra cui la manifestazione ‘Soffi nel Vento’, ‘la Festa dell’emigrante’, spettacoli musicali e sagre di prodotti tipici locali. Nello stesso mese si svolge da più di quarant’anni la corsa “delle carrozzelle”, costruite artigianalmente, prevalentemente in ferro, legno o plastica, con le ruote potenziate da cuscinetti a sfere. La domenica di Settembre è dedicata alla festa patronale della Madonna dell’Acqua.

Come arrivare

San Pietro Infine dista 60 Km da Caserta, 90 da Napoli e 140 da Roma. Si raggiunge facilmente dall’autostrada A2 uscendo al casello di San Vittore del Lazio e proseguendo verso il Molise. Il comune è anche raggiungibile mediante la nazionale Casilina, che dista 1 km dal bivio di S. Pietro. La Stazione FS più vicina è quella di Roccadevandro – S. Vittore sulla linea Cassino – Napoli.

 

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